A casa degli chef sardi ai tempi del Coronavirus

In questo periodo anomalo, mi sono chiesta come stessero trascorrendo le giornate chef e pasticceri della Sardegna. Cosa significa essere catapultati in una realtà in cui, da un giorno all’altro, la frenesia della cucina e la quotidianità dai ritmi serrati di un ristorante o di una pasticceria cessano improvvisamente?

Ho fatto un viaggio virtuale dal nord al sud dell’isola. Sono stata in città, al mare e in montagna. Ho chiuso gli occhi e ho sentito il profumo di salsedine e di elicriso, il rumore delle pentole e la melodia di un soffritto in padella. Ho bussato virtualmente alla porta di quindici chef sardi e hanno aperto in dodici. Mi sono sentita accolta come nel loro ristorante e abbiamo chiacchierato di come si siano reinventati in questi giorni. Alcuni sono soli, altri si godono appieno la famiglia, ma tutti sono in compagnia della passione più grande: ingredienti, fantasia e tecnica. Studio e ricerca riempiono le ore, assieme a un po’ di meritato riposo. Perché fermarsi, quando lavori nel mondo della ristorazione, è un lusso che non ci si può permettere. Ora lo stop è un obbligo e ritrovare sé stessi mettendo ordine alle proprie idee appare più semplice. 

Vi porto con me a casa loro, preparatevi a tanta ospitalità, in attesa di mangiare nuovamente i loro piatti. Versatevi un calice di vino o un bicchiere di birra, rilassatevi e scoprite come vive questi giorni chi, nel corso di questi anni, ci ha coccolati con sapori e profumi unici. A tutti, ho chiesto di raccontarmi la loro giornata e con quale ricetta si stiano coccolando.

A casa di Luca BertocchiCucina.eat (Cagliari)

Luca Bertocchi|© Gabriele Boi

È molto strano passare così tante ore a casa. Chi fa questo lavoro sa che ogni momento della giornata si vive a mille e io non sono abituato a questa calma. Cerco di svegliarmi sempre presto e faccio la spesa. Passo una buona parte del mio tempo a cucinare per me e mia madre. Leggo qualche libro, ovviamente legato al mondo del cibo. Tra i cuochi di Cagliari siamo anche riusciti a far girare su Instagram la #coronavirusgourmetchallenge, non so esattamente da chi sia partito, ma consiste nel mettere una storia di qualche piatto realizzato in questi giorni. È anche un modo per stare uniti e far capire che noi non ci fermiamo mai, nemmeno a casa. 

In questi giorni, non mi faccio mancare due piatti in particolare: le polpette di carne fritte e lo sformato di patate con prosciutto e dolce sardo. Le prime, sono un grande classico casalingo, un simbolo di convivialità. Lo sformato invece è una ricetta semplice e povera della quale sono innamorato da sempre grazie a mia madre ed è anche uno degli ultimi ricordi che ho dei nostri pasti prima che lei smettesse di mangiare carne e pesce. Ovviamente non mancano i giorni dove decido di coccolarmi e cucino qualcosa di più soddisfacente e impegnativo, ma senza dimenticare che in casa mia il comfort food è la semplicità. Ho modo di riposarmi, ma non vedo l’ora di tornare da Cucina.eat.

A casa di Davide BonuImpasto (Cagliari)

Davide Bonu |© Davide Bonu

Impasto è ovviamente chiuso ma a casa ci sto poco. Esco alle 9.30 al massimo per andare nel locale e fare un sacco di prove. Non vogliamo farci trovare impreparati quando tutto questo finirà. Faccio prove con pane e pasta e poi questo è un ottimo momento per scrivere ricette e standardizzare processi che mi serviranno quando aprirò il nuovo locale. Momenti del genere te li sogni durante il caos della quotidianità a lavoro. Dal 9 marzo, giorno in cui abbiamo chiuso, stiamo cercando anche una soluzione per un servizio di delivery. 

In più, nel locale penso concretamente anche a chi è fuori e si sta facendo in quattro per risolvere questa situazione e non può stare a casa, al sicuro, e do il mio piccolo contributo.

Ora sono a casa con i miei genitori, che mi stanno coccolando moltissimo. Ci pensi che dopo anni riesco a fare un pranzo o una cena a tavola? Riesco a sedermi con loro e mi godo un pasto come si deve. Il mio comfort food è quello che fa mia madre: la pasta al forno. Sì, proprio loro, non le lasagne, in Sardegna si chiama pasta al forno. Quel piatto che aspettavi e sognavi quando facevi la strada da scuola a casa, che ti auguravi di poter mangiare ogni volta. Io sognavo quello e su pani frattau. Proprio la pasta al forno l’ho pubblicata l’altro giorno su Instagram durante il #coronavirusgourmetchallenge, dove abbiamo giocato con altri colleghi. Stringiamo i denti che passerà anche questo! 

A casa di Sara CongiuAntica Dimora del Gruccione (Santu Lussurgiu)

Sara Congiu |© Sara Congiu

Dopo molto tempo, sono riuscita a tornare a casa della mia famiglia. Inizialmente mi sono sentita destabilizzata perché è una situazione nuova e strana. Ma sono felice di poter trascorrere del tempo con i miei genitori, mio fratello, i miei 3 cani e 2 coniglietti nani, che rendono straordinariamente morbide le mie ore di riposo. Rispettando l’enorme fatica di chi in queste ore sta lavorando per tutti noi, faccio incetta di queste esperienze emotive da tenere nel cuore.

Per il resto, lo scorrere della giornata impedisce la noia perché tra il fare, la lettura e il quotidiano confronto con l’altra “famiglia”, cioè quella del Gruccione (che mi manca già tanto) le molte ore si trasformano in poche.

Dedico anche molto tempo al cibo perché cucinare fa parte di me a 360°. Sperimento sugli impasti delle semole e gli antichi grani duri di Sardegna (Cappelli e Monococco). Ho un piccolo tesoretto di semole bio e quindi, tra la lievitazione di pasta per pane e focacce e le diverse preparazioni di pasta fresca, penso a nuove ipotesi per i corsi di cucina che abitualmente organizziamo per i nostri ospiti in albergo. La mia famiglia mi osserva curiosa. Quando cucino mi coccolo con le zuppe, che non solo mi piacciono, ma mi rasserenano e rispondono al uno dei miei maggiori interessi: quello di raccogliere, dall’orto e in natura, i sapori e i profumi autentici, di quelli che danno gioia a tutti i sensi e in tutti i sensi.

Dall’orto di casa ho ancora le zucche e sono spuntate qua e là varie erbe e insalate che posso mescolare con i legumi. L’albero di limoni, quest’anno, è stato molto generoso e so che dovrò dedicarmi alla preparazione della marmellata che necessita di un lungo procedimento. Anche all’Antica Dimora del Gruccione ho lasciato due alberi di limoni carichi di frutti che mi attendono. I vasetti sono pronti. Ne parliamo spesso con Lucilla e, anche lì, come qui, non vedo l’ora di tornare.

A casa di Pierluigi Fais – Josto e Framento (Cagliari)

©Pierluigi Fais

Vado tutti i giorni da Etto, il nuovo locale, che è una macelleria e gastronomia. È aperto dalle 9:00 alle 15:00, quindi durante la settimana al mattino sono impegnato lì. Al pomeriggio torno ovviamente a casa e finalmente ho l’opportunità di godermi mia moglie e mia figlia. Facendo questo lavoro non ho tanto tempo e adesso voglio sfruttare quest’occasione per dedicarmi a loro due e all’economia domestica in generale. Approfitto del fatto che ho potuto rallentare.

Viviamo in un periodo frenetico, dove ci sembra che il tempo per fermarci non esista e dove, oltretutto, la civiltà ha superato limiti che non avrebbe dovuto. Inquinamento, riscaldamento globale… ora ci siamo dovuti fermare per forza. Non è facile, ma io credo che tutto questo serva al pianeta. 

A casa mi preoccupo solo di essere affettuoso. Cucino, sopratutto vegetali e carboidrati. Ma non passo la giornata ai fornelli. E poi abbiamo comprato un sacco di schifezze, ci stanno sempre bene, no?

A casa di Mauro Ladu – (futura) Osteria Abbamele (Mamoiada)

Trascorro le mie giornate in casa, a Mamoiada, con la mia famiglia: mia moglie Sara e mia figlia di 14 mesi Vittoria. Per la maggior parte del tempo studio, leggo e pianifico l’apertura del mio ristorante a Mamoiada. Si chiamerà Osteria Abbamele  e le mie giornate prima dello stop erano totalmente dedicate a terminare i lavori. Ho un quaderno in cui scrivo e disegno tante nuove ricette, questo tempo per noi è prezioso. E studiare e approfondire non guasta mai. 

Gioco con Vittoria che è la nostra fonte di svago in casa. Lei ti toglie il pensiero da tante preoccupazioni: guardi i suoi occhi e la sua gioia e ti dici “tutto passerà al più presto”. Sai, due giorni fa, quando facevo i tortelli di ricotta e biete selvatiche, mia figlia voleva girare la manovella per tirare la pasta. Poi però ha cominciato a correre per la casa con il mattarello. Promette bene, no?!

Ah ovviamente cucino. Le mani in pasta le mettiamo eccome, tra tortelli di ricotta, focacce, torte… insomma dopo questa clausura penso che servirà anche una dieta per perdere i chiletti da covid19, ma quello è il meno. Diciamo non mi faccio e non faccio mancare nulla alla mia famiglia. Ho diversi comfort food, ma quello che amo di più è la polenta con purpuzza e pecorino, un piatto della nostra tradizione che si cucina durante l’inverno. 

In questi giorni, tante riflessioni mi passano per la testa e sono arrivato a una conclusione: la famiglia è il nido dove tutte le preoccupazioni e i pensieri passano perché senti l’amore incondizionato. Sento un grande senso di responsabilità che mi sta facendo stare a casa e apprezzare quello di cui di solito non ci rendiamo conto, vista la nostra vita frenetica: ho l’amore della famiglia e sono tanto fortunato per questo. Quando tutto questo finirà torneremo a fare festa più che mai con tutte le persone a cui vogliamo bene. A chent’annos!

A casa di Riccardo MassaiuI sarti del gusto (Cagliari)

© Riccardo Massaiu

In questi giorni di isolamento ovviamente e purtroppo sto a casa. Sto trascorrendo la quarantena con la mia ragazza Stefania. Era da circa un anno che non mi fermavo e, devo essere sincero, ho passato questi primi tre giorni nel completo riposo, fisico e mentale. Nei prossimi giorni inizierò a pensare a come sarà il rientro alla vita normale dopo questa catastrofe sociale ed economica. 

Non amo cucinare per me stesso, né tantomeno cucinare in casa. Penso che chiunque non ami portarsi il lavoro a casa. Probabilmente se finissi in un girone infernale cucinerei per me stesso; traggo il vero piacere della cucina preparando per gli altri. Infatti, la mia coccola non è il cibo, non lo è quando sono io a prepararlo almeno. Credo che un comfort food sia davvero tale se a prepararlo per te è qualcun altro; quindi aspetterò finisca tutto quanto per poi andare a mangiare da mia mamma.

In questi giorni credo mi coccolerò godendo del tempo libero, che per ovvie ragioni mi manca praticamente sempre.

Comunque per quanto non ami cucinare in casa dobbiamo pur mangiare e oggi ho preparato un risotto con parmigiano e asparagi e stasera gamberi e burrata, in attesa di ritornare tra i fornelli de I sarti del gusto. 

A casa di Roberto Murgia – pasticceria Dolci in corso (Alghero)

Roberto Murgia
|© Francesco Pruneddu

Mi sveglio molto più tardi rispetto ai ritmi che ho quando vado in laboratorio (4 del mattino al massimo). Ora, alle 8 sono in piedi, con diverse sveglie notturne di mio figlio Edoardo. Faccio colazione con lui e con la mia compagna Elena e poi si gioca un po’. Poi io vado in laboratorio per il rinfresco del lievito e continuare le canditure dei frutti che utilizzo per i miei lievitati (anche se la Pasqua quest’anno passerà). 

Culurgiones |© Roberto Murgia

Per tenermi attivo e avere un contatto virtuale con i miei followers, sto organizzando delle dirette pomeridiane dove faccio una ricetta. Preparo la lista degli ingredienti da postare e do le indicazioni prima della diretta. Abbiamo già preparato insieme la cheesecake, la torta di mele e i culurgiones. Quando torno a casa, dedico un po’ di tempo a me stesso e ai pensieri. Leggo tanto e mi informo. Non ti nascondo che mi preoccupo anche un po’, non è un periodo facile per le aziende ed è inevitabile pensarci.

Per quanto riguarda i miei comfort food, non sono di stagione e in questo momento non ho molta fantasia. Per me la cucina è felicità e questa situazione è tutt’altro che felice ahimè! Chi ha una attività come me è veramente preoccupato sia perché la routine giornaliera è sballata sia perché ci sarà un danno non da poco. Però mi coccolo con il cibo che preparo ogni giorno per le dirette, come i culurgiones.

A casa di Luigi Pomata – Ristorante Luigi Pomata, Pomata Bistrot e Next (Cagliari)

© Luigi Pomata

Era una situazione prevedibile, io me l’aspettavo. Prima di chiudere abbiamo diviso la merce con i ragazzi e ora siamo tutti a casa. Sono a Cagliari, con mia moglie e mio figlio di 16 anni. Cosa faccio? Leggo, guardo film, sistemo gli album di ricette e fotografia. Mi piace un sacco, mi rilassa e ne ho tantissimi. E poi guardo tanti notiziari. Faccio anche moltissime telefonate, soprattutto a mia madre, mia sorella, mio fratello e i miei cugini. Poi mi alleno, non posso togliermi lo sport. Prima correvo per strada e adesso lo faccio nel mio garage completamente vuoto. Non è la stessa cosa, ma mi ricarica comunque.

Chiaramente cucino pure. Mi diverto. Sai che l’altro giorno ho preparato ventidue pizze? Le ho stese sul tavolo e ne ho fatto per tutto il palazzo. Poi sono andato a casa loro, ho suonato il campanello e gliele ho consegnate, a debita distanza ovviamente. Sorridi, ci passi il tempo e fai sorridere gli altri. Invece stasera preparo il cous cous, insegno a mio figlio come si fa. Lui diciamo che si diverte ad affiancarmi, ci passiamo il tempo e stiamo insieme.

A casa di Riccardo PorcedduOsteria Kobuta (Cagliari)

© Riccardo Porceddu

Sono a casa, a Cagliari, insieme alla mia compagna. Purtroppo non abbiamo un cagnolino quindi non abbiamo la scusa per uscire ogni tanto.

Oltre a cucinare, sto studiando tanto. Sto approfondendo le mie conoscenze di marketing, ho iniziato già da diverso tempo. In particolare, sto studiando il materiale prezioso che alcuni food marketer stanno mettendo a disposizione gratuitamente. Nel frattempo, cerco di programmare il lavoro di delivery, che spero parta nei prossimi giorni, così da salvare il salvabile. Non vorrei dover ridurre a zero il fatturato, la situazione per noi piccoli imprenditori è davvero critica. Quando tutto questo finirà, l’economia sarà cambiata e sto pianificando come reimpostare il lavoro, con formule nuove. Mi sto dedicando tanto a questo, è fondamentale.

I primi 4 giorni sono stato molto impegnato. In ristorante abbiamo lavorato tutte le merci e abbiamo fatto un inventario, buttando giù una bozza di menu con i ragazzi. E poi mi sto riposando. Ne avevo bisogno. Lavoriamo minimo 12 ore al giorno, poter riposare un po’ di più e avere tempo per noi stessi è piacevole. Ho anche riscoperto l’amore per la playstation. Mi è sempre piaciuto moltissimo ma per mancanza di tempo avevo abbandonato, mi aiuta a staccare e rilassarmi.

Adesso posso coccolarmi con diversi comfort food, ma in particolare con il ramen. L’ho preparato ieri. Da bambino, lo vedevo nei cartoni animati e poi durante i viaggi in Giappone mi sono appassionato ed è diventata un’ossessione. A gennaio ho fatto anche il corso come ramen masterchef. Ci vuole tanto tempo per farlo. Per le ricette giapponesi posso consigliare un libro che è molto utile e ben fatto. Si chiama “Giappone. Il ricettario” di Nancy Hachisu.

A casa di Marina RavarottoChiaroScuro (Cagliari)

© Marina Ravarotto

Sono a casa a Cagliari da martedì pomeriggio dopo essere rientrata da Nuoro, dove ho lasciato la mia famiglia. Ho chiuso il ristorante e sono tornata a casa della mia amica e del compagno: lui lavora da casa e lei va ancora in ufficio.

I primi due giorni li ho passati a pensare. Avevo bisogno di riflettere su questa situazione, su quello che sta succedendo. Il 12 marzo poi era il mio compleanno e per la prima volta dopo tanto tempo sono riuscita a trascorrerlo a casa. Mi è persino arrivata una torta a domicilo a sorpresa da parte di Fabrizio e Maurizia della gelateria e pasticceria I Fenu. 

Ieri sono andata a controllare che nel ristorante fosse tutto a posto e ne ho approfittato per prendere la semola per esercitarmi a fare il filindeu. Ci vuole tanto tempo e pazienza e quale miglior momento di questo? 

Il mio comfort food di quest giorni è stato fare il pane frattau come si faceva un tempo a casa. Pane carasau, brodo di pecora, sugo, pecorino e uovo. C’è una coccola migliore di questa?

A casa di Laura Sechi – Vitanova cucina & dolci (Cagliari)

© Laura Sechi

A casa siamo in quattro: io, mio marito e i miei figli, uno di 21 e uno di 14 anni. La mia giornata è scandita da una sveglia normale al solito orario, 7.30, colazione, sistemo casa, leggo, ascolto musica e cucino. Cucino moltissimo, ne sto approfittando tanto in questi giorni. 

Il mio comfort food è la crostata, la faccio sempre. L’ultima che ho fatto è integrale con confettura di prugne e mandorle (ma l’ho fatta anche con quella di fragole e con la marmellata di arance). Mi rilassa tanto prepararla, è il mio dolce preferito e profuma casa. Anche i miei figli ne sono felicissimi. Questo periodo è molto particolare, ma ci da l’occasione di stare insieme.

A casa di Roberto Serra – Su Carduleu (Abbasanta)

© Roberto Serra

Sono tornato in Sardegna il 9 marzo. Ero a Milano e stavo lavorando al temporary restaurant di Eataly Smeraldo. C’ero già da un mese e una settimana e sarei dovuto rimanere due mesi. Adesso sono ovviamente in quarantena perché sono tornato da quella che era la zona rossa. Sono a casa con il mio cuoco, che era con me al nord, e vengono a portarci da mangiare lasciando le buste o la cesta fuori dalla porta. Stare a casa è strano, non so quando fosse l’ultima volta che ho trascorso così tante ore senza lavorare. Da bambino, probabilmente. Passo il tempo a leggere, a curare il mio orto e ho ripulito i piatti e gli utensili di cucina di mia nonna. Mi fanno compagnia anche i miei due cani: un segugio italiano e un setter.

Ma diciamo che la maggior parte del tempo la passo a cucinare e posso finalmente dedicarmi alla cottura alla brace. A casa ho un camino e preparo il fuoco con la legna di olivastro. Amo le cotture naturali e tradizionali, quelle che richiamano le tipicità della nostra terra. Perciò preparo la brace come facevano mio nonno e mio padre e, armato de “sa passièntzia”, ovvero infinita pazienza, aspetto che il calore sia quello giusto per cucinare.

L’altro giorno ho fatto una zuppa di patate poggiando la pentola di mio nonno sul treppiede. Sto preparando piatti poveri ma dal carattere ricchissimo, di un’importanza e un valore incredibile. Stasera, allo stesso modo, preparerò una zuppa di fagioli bianchi sardi che ho messo in ammollo 24 ore. La farò con peperoncino, verdure, il pomodoro secco di mamma e acqua. La faccio cuocere 3 ore e riposare 20 minuti con l’aggiunta di finocchietto selvatico. Infine, per farla ricca e saporita, la accompagnerò con salsiccia e pecorino grattugiato.

Grazie a chi si è raccontato e che, con grande simpatia e gentilezza, mi ha mostrato un pezzo della propria casa, aprendomi la porta e la dispensa.