Galeotto fu il Carignano del Sulcis

Di quella volta che il vino mi diede la parola.

Era l’estate del 2014 quando capii che volevo raccontare a tutti la bellezza intrinseca di ciò che ruota attorno al mondo dell’enogastronomia.

Era un giorno caldo e afoso come questo in cui sto scrivendo questo articolo. Ero a Firenze, vivevo lì e avevo appena terminato il mio erasmus placement a Siviglia in un’agenzia di organizzazione di eventi. Guarda caso, mi occupavo anche di tour de tapas: scoprire una città attraverso il suo cibo, i suoi ingredienti e il modo di vivere i pasti. Ero già gasata così!

I social network, e soprattutto Instagram, non andavano ancora tanto di moda come oggi. Eppure io c’ero su quasi tutti e indovinate cosa postavo? Si, cibo. In quel periodo, mi chiamavano scherzosamente foodie, sempre intenta a fotografare piatti e a prendere appunti su ingredienti e cotture. Che poi io non li replicavo mica quei piatti, ma sapere tutto ciò che girava attorno a essi mi piaceva, come anche conoscere i territori e le persone che li preparavano. Per un esame, avevo studiato su dei libri che dettavano le basi per la progettazione turistica di un territorio e alcuni capitoli erano dedicati al turismo enogastronomico. C’era qualcosa che metteva assieme tutti questi elementi quando decisi che la mia tesi sarebbe stata sulla Strada del vino Carignano del Sulcis (che oggi, ahimè, giace inerme sulla tomba dei ricordi della me ingenua che voleva cambiare la sua terra. Ma attenzione: quella voglia è ancora viva più che mai, come un pezzo della mia ingenuità).

Per quella tesi, tornai in Sardegna e imparai a conoscere meglio la mia zona, parlai con le cantine, con i produttori, con gli artigiani e rivenditori. Mentre scrivevo mi innamoravo della scrittura. Si, insomma, la tesi è una fase obbligatoria di ogni studente, ma a me sembrava di fare una cosa pazzesca che colmava le mie curiosità e ne faceva nascere di nuove. Così, entrai a contatto per la prima volta con un concetto forte, chiaro e deciso: la passione. Ma mica un fuoco di paglia, qui c’era la passione ardente dell’amore vero.

Nonostante il mondo del cibo fosse sempre stato nei miei interessi e nelle mie papille gustative e nonostante con la scrittura, da umanista e linguista quale sono, io abbia sempre trascorso le mie giornate tra libri letti e distese di pagine in cui raccontavo e mi raccontavo, questi due aspetti non si erano mai incontrati e io non avevo mai usato la scrittura come mezzo per raccontare cibo, vino e qualsiasi cosa avesse dato gioia alla mia pancia o acquietato la mia fame. Avevo scoperto in quel momento che amavo farlo e da lì, tra studi mirati, social media, copywriting e articoli non l’ho più abbandonata e la comunicazione enogastronomica è diventata il mio lavoro. Galeotto fu il Carignano del Sulcis.

Ma volevo anche uno spazio solo mio. Quello della me che va, poi si ferma, assaggia e riparte. Quello della gente che mi insegna la sua vita a tavola. Dei posti che ricordo per il sapore che hanno. Di quelli in cui mi addormento pensando alla colazione del giorno dopo. O dove ci sono i profumi con cui sono cresciuta. 

Adesso eccolo il mio posto. Parla di Sardegna, sì, ma quanto basta.