Essere pastori oggi: quattro chiacchiere con Pietro Ragaglia di Antica Caresi, produttore di formaggi ovini tra i migliori in Sardegna

A Olbia, a pochi km dal centro città, il giovanissimo pastore e casaro Pietro Ragaglia produce alcuni dei migliori formaggi ovini mai provati. Sono andata a trovarlo alloggiando nel suo b&b per capire con lui e la famiglia cosa significhi essere pastori nel 2023 e quale ricerca compia nel suo lavoro.

Il gregge di Antica Caresi | © Jessica Cani
Il gregge di Antica Caresi | © Jessica Cani

Nella visione semplicistica della Sardegna, il mestiere del pastore è quello che da sempre la lega all’economia portante dell’isola, in un’ottica orientata a uomini poco istruiti che da generazioni portano avanti un mestiere selvaggio e ampiamente romanzato di vita in campagna.

La Sardegna, però, non è più questo da tempo, in parte perché la crisi del prezzo del latte da ormai oltre un decennio ha allontanato le nuove generazioni dai campi spingendoli ai lavori in città, dall’altra perché il mestiere del pastore, così come concepito un tempo, legato alla produzione di formaggi unici (approfondiremo più avanti il significato di questo termine) è diventato in parte insostenibile a causa dei costi elevati che comporta l’allevamento dei capi, e in parte fortemente concorrenziale con l’industria casearia che ha standardizzato il gusto del prodotto a favore di quantitativi maggiori.

Cagliata Antica Caresi | © Jessica Cani
Cagliata | © Jessica Cani

Pensare alla Sardegna e alla sua economia legata alla forza del pastoralismo e della produzione di formaggio, nella realtà dei fatti, è un concetto sempre più lontano, connesso ai pochi, giovani e intraprendenti sardi che hanno fatto di quell’unicità di cui parlavo un elemento di forza e valore. 

Ne ho conosciuti diversi questi anni, e continuo il viaggio nel mio territorio per conoscerne e raccontarne di nuovi non appena posso.

È il caso di Pietro Ragaglia di Antica Caresi, azienda casearia di Olbia che produce pecorini a latte crudo. 

Sognare di diventare pastore: chi è Pietro Ragaglia

Pietro Ragaglia | © Jessica Cani

“Un giorno, mentre ero con un cliente e parlavo di Pietro, dicevo che lui è un casaro. Pietro, che era lì accanto a noi, ha risposto – no, io sono un pastore -. Sono le parole della signora Lina, la mamma di Pietro Ragaglia, che mi racconta come il sentimento identitario del figlio sia da sempre improntato su ciò che anche il padre è, come lo era suo nonno e suo bisnonno.

Negli ultimi tempi, la psicologia moderna sta investendo molto sul cambiare i tratti societari che identificano le persone con il proprio lavoro così da distaccare le capacità professionali di un individuo dal proprio essere. Per cui, per esempio, sarebbe più giusto dire che io faccia la communication strategist, e non che sia una communication strategist. Sottigliezze che però avvalorano l’importanza di distaccare la propria essenza dal proprio lavoro.

Pietro Ragaglia | © Jessica Cani
Pietro Ragaglia | © Jessica Cani

Nel caso del pastore, per chi come Pietro, oggi ventottenne, ha avuto possibilità di scegliere chi essere e cosa fare, le due cose si amalgamano come conseguenza della vita condotta da chi sceglie di fare il pastore. Se fai il pastore, sei un pastore quando ti svegli prima dell’alba perché le tue pecore hanno bisogno di essere munte e quando subito dopo porti il latte al laboratorio per creare formaggio. Sei pastore quando le intemperie ti fanno preoccupare per il tuo gregge e sei pastore quando non puoi prendere un giorno di ferie perché, come un bambino, il gregge necessita di essere accudito.

“A cinque anni sapevo già mungere” mi racconta Pietro, “e a dieci il mio gioco preferito era fingere di creare dei recinti per le pecore. Mi immedesimavo in mio padre e quando mi chiedevano cosa fare da grande la mia risposta era sempre la stessa: il pastore. La mia famiglia non ne era convinta, ma io non volevo nemmeno studiare. Se l’ho fatto, devo ringraziare mia madre che si è preoccupata di seguirmi e spronarmi perché, prima di scegliere cosa fare, scegliessi chi volessi essere”.

Pecorini Antica Caresi | © Jessica Cani
Pecorini Antica Caresi | © Jessica Cani

Per capirlo Pietro si è iscritto all’università di Oristano, dove ha studiato Tecnologie alimentari, che gli è stato utile per costruire le basi teoriche per la produzione dei formaggi, avvalorate negli anni successivi da divers tirocini accanto a grandi produttori regionali e nazionali.

Oggi di anni ne ha 28 e dal 2019, insieme a suo padre conduce l’Azienda Antica Caresi facendo quello che lui definisce vocazione perché “il pastore non è un lavoro, è uno stile di vita e lo scopo del pastore è far stare bene l’animale”.

L’azienda agricola Antica Caresi

Pietro Ragaglia mi mostra le foto della sua famiglia | © Jessica Cani
Pietro Ragaglia mi mostra le foto della sua famiglia | © Jessica Cani

Antica Caresi deve il nome all’area poco fuori Olbia dove Arcangelo Ragaglia, il bisnonno di Pietro, servo pastore originario di Bitti, si stanziò ai primi del novecento con il suo gregge, deciso a investire in un’area con un grande potenziale per i pascoli e, al contempo, accanto a una cittadina in via di sviluppo.

Il suo mestiere fu portato avanti dal nonno di Pietro, anche lui Pietro, e poi dal padre Giulio.

Pietro e Giulio hanno circa 200 pecore. Ho trascorso con loro un’intera giornata, con la sveglia alle 6:00 per andare a mungere. “Cerchiamo di rendere le nostre giornate sostenibili. Lavoriamo tanto ma è importante sia per noi che per gli animali avere uno stile di vita sano, e il sonno è incluso per cui non ci alziamo a orari impossibili”, mi raccontano.

Giulio Ragaglia, padre di Pietro | © Jessica Cani
Giulio Ragaglia, padre di Pietro | © Jessica Cani

Arrivo con Pietro alla stalla. “Vuoi provare?”, mi chiede, porgendomi il tubo della mungitrice elettrica. Non l’ho mai fatto e questo mi è sempre dispiaciuto molto. Sono sarda, sono cresciuta in un ambiente agropastorale e questa mi sembra quasi una mancanza per cui sì, vorrei provare e lo faccio. La mia paura è quella di far male all’animale nel toccarlo in modo maldestro ma Pietro mi rassicura e mi fa vedere come si fa. Ho aggiunto una cosa in più alle cose fatte nel 2023, e in effetti mungere non era proprio la prima cosa che mi sarebbe venuta in mente. 

Parte del gregge di Antica Caresi | © Jessica Cani

Torneremo al campo e alla stalla nel pomeriggio, quando riaccompagneremo le pecore alla stalla dopo che avranno brucato per tutta la mattina. L’orario in cui compiere queste operazioni è importante e cambia a seconda delle stagioni. D’inverno, per esempio, non vanno mai al campo prima delle 10:00 perché l’erba è ancora carica di brina per cui disturberebbe il loro intestino. Allo stesso modo, d’estate, vanno sempre presto, perché poi il calore del giorno le stresserebbe e farebbe del male. 

Ogni giorno è diverso al campo.

Latte crudo e fermenti scelti: il formaggio Antica Caresi

Stracchino di pecora Antica Caresi | © Jessica Cani
Stracchino di pecora Antica Caresi | © Jessica Cani

Alle 8:00 del mattino siamo già in laboratorio. Pietro lo ha allestito nello stesso spazio in cui sorge lo storico pastificio e pasticceria di sua madre. 

Il latte che abbiamo raccolto poco prima ora verrà trasformato in quattro dei formaggi prodotti da Antica Caresi: pecorino, ricotta, stracchino e caciotta. Per i primi due usa il paiolo, per gli altri un macchinario moderno.

La caratteristica primaria dei prodotti di Pietro risiede nella loro unicità. Quando parlo di unicità mi riferisco a un formaggio che è ogni giorno diverso grazie alla ricerca che lui effettua per renderlo tale attraverso l’impiego di fermenti lattici autoprodotti. Sono i marcatori dei sapori per cui il risultato è un prodotto fortemente identitario che è dato da una serie di elementi che regalano preziosità al formaggio. 

Parliamo di territorio, di un’alimentazione controllata grazie al coinvolgimento di un alimentarista, di una trasformazione a latte crudo e in piccole quantità e, appunto, di fermenti scelti.

Latte cagliato | © Jessica Cani
Latte cagliato | © Jessica Cani

Fare il formaggio non è una ricetta, non è un procedimento che devi seguire attraverso una lista. Testa e mani devono essere dentro il paiolo e collegati al latte, che è ogni giorno diverso” mi dice, mentre con il suo bastone in olivastro gira il latte che raggiunge la temperatura adeguata per la trasformazione. 

Quella di Pietro Ragaglia è una vera e propria filosofia di vita che si traduce in uno studio e crescita continua con lo scopo di dare valore e dignità al mestiere che conduce. “Non voglio lavorare solo per vendere, ma per l’etica del mio prodotto e per ridare valore al mio formaggio, ai miei animali, al mestiere mio, di mio padre, di mio nonno, di mio bisnonno. Prima il latte aveva un grande valore: i pastori potevano permettersi di comprare terreni e case. Oggi l’orientamento alla quantità ha fatto perdere importanza non solo al lavoro del pastore, ma anche a quello del casaro che crea prodotti standard. Non è quello che voglio, sono cresciuto con una visione diversa e cerco di tornare a quello”. 

Caciotta | © Jessica Cani
Caciotta | © Jessica Cani

Tornare indietro per rimanere nel presente e andare avanti, tornare indietro per proseguire un’arte che in Pietro Ragaglia scorre nelle vene. Mentre parla percepisco tutta la sua passione e quanto il desiderio di creare per lasciare un segno positivo sia per lui la ragione di vita. Perché non metti da parte viaggi, ferie, ore libere, riposo ogni giorno della tua vita se non credi fortemente nell’importanza di ciò che stai facendo, e perché farlo con il solo aiuto del padre è spesso difficile e richiede una forza d’animo e un coraggio non comuni.

Pietro porta avanti la sua idea ogni giorno, affiancato dalla compagna Chiara con cui sogna (e lo auguro tanto a entrambi) di dar vita a un progetto comune orientato verso una tipologia di fattoria didattica.

Mangiare e dormire da Antica Caresi: l’esperienza autentica del pastoralismo nel 2023 con i formaggi di Pietro Ragaglia

Nella casa che trent’anni fa la famiglia Ragaglia si era costruita per stare accanto al campo con il gregge, oggi c’è una graziosissima dimora dove accolgono gli ospiti che scelgono di conoscere la loro storia e passare una notte in una posizione particolarmente strategica per stare immersi nel cuore della natura ma a pochissimi km da Olbia e dall’aeroporto.

Cena davanti al caminetto | © Jessica Cani
Cena davanti al caminetto | © Jessica Cani

L’accoglienza dei Ragaglia si traduce, ai primi di febbraio, con un enorme cena davanti caminetto dove arde un bel fuoco, proprio davanti ai comodi divani e al tavolino in cui Pietro ha allestito la nostra cena: verdure locali, salame autoprodotto, vino rosso e, ovviamente, i suoi formaggi.

L’aperitivo/cena

La particolarità della produzione ovina di Pietro è che, oltre ai classici locali, si diletta in sperimentazioni non usuali in Sardegna. La degustazione parte con uno stracchino fresco, di latte ovino chiaramente (ricordo che Pietro ha una allevamento di sole pecore). Spicca la delicatezza della nota lattea, con un leggero sentore erbaceo e un accenno acidulo.

Stracchino stagionato | © Jessica Cani

Mi stupisco però fortemente quando mi presenta lo stesso prodotto stagionato 30 giorni. Che profumo, che intensità di gusto. Gli chiedo come gli sia venuto in mente di provare la stagionatura di uno stracchino e mi racconta di averlo assaggiato e di essersene innamorato nel nord Italia. Qualche esperimento, con una maturazione fatta ad alta umidità e a una temperatura di 14° C, le muffe bianche gli regalano un sapore deciso e una pasta morbida. Difficilmente, se siete amanti dei formaggi con un profumo importante, riuscirete a resistergli.

Caciotta | © Jessica Cani
Caciotta | © Jessica Cani

Proseguiamo la degustazione con una caciotta che ha 20 giorni di maturazione a 14° a umidità alta. Una pasta molle molto delicata, più neutra rispetto allo stracchino maturato ma comunque con sapori definiti grazie alle muffe penicillium inoculate. 

Pecorino | © Jessica Cani
Pecorino | © Jessica Cani

Continuiamo con due pecorini, ottenuti con salatura a mano e a secco, uno con maturazione di 30 giorni e uno con maturazione di 8 mesi. Parla nettamente il pascolo e il latte crudo che gli regala carattere. Mi innamoro del più stagionato, le cui sensazioni trigeminali sono all’inizio lievemente dolci e in finale piccanti.

Cena davanti al caminetto | © Jessica Cani
Cena davanti al caminetto | © Jessica Cani

Concludiamo con un pecorino arrosto su una fetta di spianata di Ozieri.

Pecorino arrosto | © Jessica Cani
Pecorino arrosto | © Jessica Cani

Formaggio, vino, fuoco, pane, chiacchiere. È l’essenza della sardità e dell’accoglienza di un popolo che nei secoli ha vissuto nella semplicità del poco che aveva e che ha sempre trovato il modo di condividerlo per stare assieme, per rafforzare con quel cibo il senso di comunità.

La colazione

Colazione da Antica Caresi| © Jessica Cani
Colazione da Antica Caresi| © Jessica Cani

La mattina dopo ci svegliamo con una luce incantevole che illumina l’isola di Tavolara proprio davanti ad Antica Caresi. Pietro ci ha preparato la colazione. Ci sono i dolci sardi appena fatti, direttamente dalla pasticceria di sua madre, lo yogurt di pecora preparato da lui, la ricotta fresca e i formaggi, accompagnati da mieli locali, pompia candita, confetture e pane fresco.

Colazione da Antica Caresi| © Jessica Cani
Colazione da Antica Caresi| © Jessica Cani

Siamo ancora davanti al caminetto acceso, e nonostante io con questa lentezza rurale ci sia cresciuta, ne sono sempre fortemente attratta per le differenze nei gesti e nei sapori che ritrovo e diventano motivo di apprendimento maggiore della mia cultura, così vasta ed eterogenea di zona in zona, di paese in paese.

Antica Caresi riesce a far sentire l’ospite come a casa di un amico, dove l’unico pensiero è disconnettersi dal mondo e connettersi con la filosofia lenta e delicata offerta dall’accoglienza della famiglia Ragaglia.

Lo consiglio perché…

Per l’indiscussa qualità di prodotti fatti a regola d’arte in un contesto rurale che trasmette e regala benessere. Pietro Ragaglia riesce a creare accoglienza e bellezza attorno ai suoi prodotti, in un concetto di Sardegna autentico, non forzato o stereotipato dalla voglia di mostrare ciò che non si è solo per attrarre una tipologia di turismo che cerca folklore. Questa è la vera Sardegna, che guarda al passato ma camminando con la testa dritta e fiera verso il futuro.

Antica Caresi
Tel: 388 163 3990

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